Genesio, mimo e comico di corte a Roma
durante l'impero di Diocleziano venne invitato una volta assieme ai compagni,
dallo stesso imperatore, a imitare in forma burlesca il battesimo cristiano.
Egli finse pertanto l'uomo in fin di vita che chiede il battesimo sul letto di
morte. Ma quando l'acqua battesimale toccò la fronte di Genesio ebbe una
visione per cui si convertì realmente al cristianesimo e accolse il battesimo,
iniziato come una farsa, come il suo vero battesimo. Venne catturato dalle
guardie e portato di fronte all'imperatore e accusato di appartenere ad una
religione illecita, sempre per farsa. Ma qui, narra l'agiografia, Genesio fece
pubblico atto di fede cristiana, accusandosi davanti a Diocleziano.
Diocleziano, quando comprese che la
farsa era finita, fece flagellare Genesio e lo consegnò al prefetto Plauziano
che gli fece rompere le costole e decapitare. Durante le pene del martirio
Genesio andava ripetendo: “Non vi è altro Dio all'infuori di quello che io ebbi
la fortuna di conoscere. Io non adoro né servo altro che a lui: a lui solo
starò sempre unito, dovessi anche soffrire mille morti”.
Il suo corpo venne inumato lungo la Via
Tiburtina. Le sue reliquie si trovano in parte a San Giovanni della Pigna, in
parte nella Chiesa di Santa Susanna alle Terme di Diocleziano e parte nella
cappella di San Lorenzo nella Basilica di Santa Sabina. La sua leggenda ebbe
larga diffusione nel V secolo e il suo culto si diffuse in tutta Europa, ma
venne canonizzato solo nel 741 da Gregorio III.
A lui fu dedicata nell'VIII secolo la
celebre Abbazia di Saint-Génis-des-Fontaines in Francia. Il suo culto in Italia
oltre che a Roma è diffuso anche in Alto Adige dove troviamo diverse chiese
dedicate a lui come la parrocchia di San Genesio Atesino e di La Valle. Spesso
però il suo culto è stato confuso con quello di altri santi con lo stesso nome,
soprattutto con san Genesio di Arles a causa anche del coincidere delle date di
memoria.
È tuttavia davvero possibile che la
figura del mimo Genesio sia uno sviluppo del culto riservato allo stenografo di
Arles. Secondo un'altra ipotesi, la storia di Genesio di Roma potrebbe derivare
da quella del martirio di Gelasio di Hierapolis. Nel XVII secolo, lo storico e
sacerdote francese Louis-Sébastien Le Nain de Tillemont ha invece difeso
l'affidabilità degli Atti che hanno tramandato la vicenda dell'attore romano.
Ecco la scena della messa in burla del
battesimo recitata da Genesio
Postosi a letto sul palcoscenico Genesio
si finse ammalato iniziò con gli altri attori il dialogo che segue:
– Ah, miei amici, io sento sopra di me
un grave peso, e vorrei ben essere liberato!
– Che faremo per toglierti questo peso?
– Quanto siete mai privi di
intendimento! Io sono risoluto di morire cristiano affinché Iddio mi riceva nel
suo regno, come quelli che, per assicurare la loro salvezza, hanno rinunziato
all'idolatria e alla superstizione.
Allora si chiamarono due attori, uno dei
quali rappresentava il prete e l'altro l'esorcista. Venuti al capezzale
dell'ammalato gli dissero:
– Perché, figlio, ci fai qui venire?
– Perché desidero ricevere la grazia di
Gesù Cristo, e di essere rigenerato, onde potermi liberare dai miei peccati.
Genesio venne allora battezzato e
rivestito di una veste bianca come solevano fare i Cristiani: e ciò gli attori
lo facevano sempre per burla. Intanto continuando la scena, sopravvennero altri
attori vestiti da soldati, i quali si impadronirono di Genesio e lo
presentarono all'imperatore per essere interrogato nella stessa maniera con cui
s'interrogavano i Cristiani. Fin qui si era creduto che fosse una farsa come
era stato nell'intenzione di tutti, ma ben presto imperatore, attori e
spettatori conobbero che per Genesio non era più una commedia.
Difatti il comico, rivoltosi
improvvisamente al popolo che rideva gustosamente, e con tutta naturalezza e
serietà disse:
– Signori e voi tutti che siete qui
presenti, ascoltate ciò ch'io sto per dire. Io non ho mai udito pronunziare il
nome cristiano senza inorridire e detestare anche quei miei parenti che
professavano questa religione. Mi sono istruito nei misteri e nei riti del
Cristianesimo unicamente per dileggiarli e per farli disprezzare dagli altri;
ma in questo istante tosto che l'acqua ebbe lavato il mio capo ed ebbi risposto
ch'io credeva a tutte quelle cose su cui venivo interrogato, ho veduto sopra il
mio capo una schiera di Angeli splendenti di luce che leggevano in un libro
tutti i peccati da me commessi fin dalla fanciullezza; indi immerso questo
libro nell'acqua in cui io ero pure immerso, me lo mostrarono più bianco della
neve e senza alcuna traccia di scrittura. Voi dunque, o possente imperatore,
voi dunque, o romani che mi ascoltate, voi tutti che vi beffavate con me dei
misteri del Cristianesimo, credetemi: Gesù Cristo è il vero Dio, che è la luce
e la verità, e che da lui solo potete ottenere il perdono dei vostri peccati.
Udendo queste parole, tutti gli
spettatori trasecolarono. Diocleziano, credendosi burlato, lo fece flagellare e
lo consegnò al prefetto Plauziano.
Genesio disteso sul cavalletto ebbe rotte
le costole e da ultimo fu decapitato. In queste sofferenze il martire andava
ripetendo: “Non vi è altro Dio all'infuori di quello che io ebbi la fortuna di
conoscere. Io non adoro né servo altro che a lui: a lui solo starò sempre
unito, dovessi anche soffrire mille morti”.
Il presente documento è il risultato di ricerche effettuate da Francesco Casella e Elena Stummo, soci dell'associazione Carnem Levare.
FONTE DELLA RICERCA: Wikipedia, l'enciclopedia libera, www.santibeati.it
(Antonio Galuzzi).