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RECENSIONE SULLA COMMEDIA TEATRALE 'MBARATIV' N'ART'


'MBARATIV' N'ART'

Soggetto
Elena Stummo

Parti e interpreti
Mast' Cicc' - Pino Monachello, Settimij – Nicolino Errico, Francischina - Adelina Carrozzini, Larenz' - Mattia Pisciotta, Primucc' - Pierpaolo Risoli, Donna Nuziata - Teresa Angona, Rafel' - Giacomo Perrotta, Lisant' - Francesco Ferraro, Bias' - Cristian Cirillo, Vicenza - Loredana Risoli, Rusinella - Marianna Ferraro

Regia
Elena Stummo

Scenografia 
Eleba Stummo

Audio e Luci 
Francesco Galiano e Marco Macchia 

Rappresentata 
- 26 dicembre 2013 presso la sala auditorium di Scalea (CS);
- 11 luglio 2014 in Piazza Maggiore De Palma a Scalea (CS).

Recensione sulla commedia
Mbarativ’ n’art’ è frutto di una ricerca sull’evoluzione dell’economia di Scalea dalla fine degli anni ‘50 in poi. La trama della commedia riprende le cause della quasi totale sparizione delle arti e dei mestieri in favore della scelta di lavori che garantissero maggiore tranquillità economica. Il dover apprendere la tecnica di un’arte o di un mestiere era il leit motiv dell’adolescente, il quale veniva avviato dai genitori a frequentare “U mast’ per un periodo di apprendistato o tirocinio che gli consentiva pian piano di avviarsi e poi mettersi in proprio.
Non tutti coloro che da ragazzi avevano frequentato u mast poi intraprendevano lo stesso lavoro, ma il più delle volte era così.
La commedia ripercorre proprio il periodo in cui l’economia delle famiglie era basata sulla pesca, sui lavori agricoli ma sopratutto su arti e mestieri quali il barbiere, il calzolaio, il carrista, il fabbro… lavori prevalenti ai quali si aggiungevano quelle poche attività commerciali (a putìa) che si svolgevano al centro del paese per la distribuzione alimentari e che comprendevano una serie di articoli utili per la casa.
Con la ripresa economica del dopoguerra in Italia si realizzavano grandi opere e anche a Scalea iniziavano lavori infrastrutturali come la nuova ferrovia, le strade e l’acquedotto. In particolare all’acquedotto lavorava un’impresa denominata Sogenia: l’arrivo di tale impresa al sud ed in particolare a Scalea portò un sollievo economico dovuto al fatto che tale azienda necessitava di manodopera, per cui richiamava a sé molte persone che fino a quel momento avevano campato di arti e mestieri. Tali persone, vista la prospettiva di avere uno stipendio sicuro e costante decidevano di abbandonare a putìa (o u mast) per dedicarsi al lavoro offerto da tale impresa. Si assisteva quindi ad una fase di transizione verso nuovi orizzonti lavorativi per la comunità scaleota che già come tanti altri piccoli centri meridionali vedeva svuotarsi il proprio centro storico per il fenomeno dell’emigrazione.
La rappresentazione ha carattere semiserio, le parti e i personaggi sono di pura fantasia e basati su racconti frutto di testimonianze orali raccolte dall’autrice presso gli abitanti di Scalea.

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